Che i casinò tricolore si debbano, gioco-forza, tecnologicamente modernizzare è inconfutabile. Prendere poi idee dall’estero ed importarle è senz’altro una buona idea: adattarle al contesto montano del Casinò di Saint Vincent può sembrare difficoltoso dato che il medesimo non è indubbiamente inserito in un distretto del gaming come quelli di Las Vegas o Macao, ma è un’idea estremamente innovativa. Sarebbe un nuovo modo di affrontare la crisi, cercando di mutare radicalmente l’indirizzo del casinò anche se potrebbe sembrare “troppo avveniristico” per taluni che sono ancorati alla “tradizione della casa da gioco”.
I cambiamenti intervenuti (unione di due società di gestione creandone una che faccia non solo il “suo dovere di casa da gioco”, ma anche che faccia da ricettore) non hanno avuto al momento risultati eccezionali: il Saint Vincent Resort & Casino si è “immesso” con la sua nuova versione nella cittadina termale dove, in realtà, la ricettività è già molto sostenuta e sviluppata e dove anziché creare novità, interesse, sviluppo ha creato “frizioni” certamente non utili. L”inizio dei cambiamenti è difficile sempre, in qualunque settore, sopratutto se vengono effettuati in un periodo “non economicamente felice”, ma forse è ancora troppo presto “per tirare le somme”.
Il nuovo operato della Casa da Gioco e del suo Resort deve avere il tempo di valorizzarsi, tenendo conto del ridisegno del gioco pubblico nel quale proprio i casinò potranno avere la possibilità di tornare ad avere un ruolo rilevante, poiché sembrerebbe che il Governo metta mano all’attuale offerta di gioco, ridimensionandola. Ci si spera.